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Carissimi tutti, buon anno! Non so da quale suggestione sia nato questo dipinto, ma l’ho scelto per accompagnare i miei auguri di buon anno nuovo perché ci trovo dentro un’aria di tempo sospeso, una sensazione di attesa. Le tre fanciulle evocano le Grazie - figure del mito, civilizzatrici del genere umano che si muovono in eterno in uno spazio fiabesco - e insieme le tre giovani donne colte, sia pure poeticamente, in atteggiamenti del tutto naturali, ci trasportano in un tempo più vicino, in un paesaggio reale, sulla riva di un fiume familiare e amato, dove ritroviamo tutte le costanti della

Carissimi Tutti, buon 1 maggio. Anche per celebrare questa giornata ho scelto due testi: un dipinto e un frammento letterario per il loro valore e per ciò che intrinsecamente -secondo il mio modo di vedere le cose- li accomuna. Spero che la scelta vi giunga gradita.   Giuseppe Ajmone, Fusione, 1960, olio su tela   A ispirare il dipinto, come anche una serie di litografie, l’impatto con gli altiforni dell’Ansaldo di Genova. Quale luogo più di una fucina può rappresentare la sintesi delle componenti essenziali del lavoro: la fatica (dal latino laboro, as, avi, atum, are = adoperarsi, preoccuparsi; essere in difficoltà; soffrire; fare, eseguire), la competenza, la

Carissimi Tutti, eccomi, per gli auguri di un Anno Buono con un’immagine e un testo. Dopo un anno di guerre sciagurate, di detestabili violenze, di insensate discriminazioni, è quanto mai auspicabile restare - o tornare – umani. L’opera e le parole possono aiutare. Da Charles Dickens, A Tale of Two Cities (incipit): “Erano i giorni migliori, erano i giorni peggiori, era un’epoca di saggezza, era un’epoca di follia, era tempo di fede, era tempo di incredulità, era una stagione di luce, era una stagione buia, era la primavera della speranza, era l’inverno della disperazione, ogni futuro era di fronte a noi, e futuro non avevamo, diretti

Cento anni fa, a Carpignano Sesia, da Piero e Natalia Geranzani nasceva, in una stanza in penombra dalle pareti e dal soffitto affrescati, Giuseppe Ajmone, mio padre. “Incipe, parve puer, risu cognoscere matrem” (comincia, piccino, a conoscere la madre dal suo sorriso) dice Virgilio. Forse accanto al volto della amatissima madre, persa assai presto, già un’altra presenza gli sorrideva e di quelle immagini dipinte fin da subito si è nutrito. Per tutta la vita ha amato la pittura, ha dipinto e la sua maestria pittorica è nota dalla produzione. Ma la l’indole, l’etica e la passione possono rivelarsi anche a chi non

18 maggio / 4 luglio 2020
galleria rubin, milano

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